L’aborto in Italia: aggiornamento statistico epidemiologico

  • Ermenegildo Spaziante

Abstract

In sette anni, dal 1987 al 1994, l’incidenza annuale dell’abortività legalmente indotta è diminuita in Italia da n. 191.469 IVG a n. 136.481 (-28,7%). L’indice per mille nati-vivi è passato nello stesso periodo dal 347 del 1987 al 234 del 1994, con un decremento pari al -32,5%.

Il tasso di abortività provocata per mille donne (dai 15 ai 49 anni) è passato dal 13,3 del 1987 al 9,5 del 1994, con un calo del -28,6%. Un tenue aumento percentuale è stato osservato nelle classi di età da 15 a 19 e da 30 a 34 anni.

I dati statistici regionali presentano notevoli differenze nella frequenza delle IVG.

Il confronto con i dati della cosiddetta “abortività spontanea” conduce ad evidenziare che varie regioni con basso indice di “abortività indotta” presentano più elevati tassi di “aborto spontaneo”. Tale frequente correlazione statistica induce l’Autore a supporre che con ogni probabilità una certa percentuale di “aborti spontanei” in realtà sia costituita da “aborti volontari”, codificati per “cause indeterminate”.

La “speranza di vita” nel secondo mese di vita prenatale non è analoga per tutte le regioni. Aggregando i dati dell’abortività indotta legale, quelli dell’abortività “spontanea”, e gli indici di mortalità perinatale (entro la prima settimana dalla nascita), si evidenziano differenze notevoli fra le distinte regioni. Nel Veneto la probabilità per il feto di sopravvivere ha un valore dell’80%, in altre regioni, quali Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Umbria e Toscana, la “speranza di sopravvivenza” (di giungere alla seconda settimana del primo anno di vita) è limitata al 65%, poiché circa il 35% degli “esseri umani” che hanno superato le otto settimane dal concepimento viene soppresso con l’aborto volontario, codificato come IVG, oppure è eliminato come “aborto spontaneo” o si presenta come nato-morto o, ancora, muore entro la prima settimana dalla nascita. Naturalmente tale probabilità non tiene conto degli embrioni e dei feti eliminati subito dopo il concepimento o nelle prime otto settimane di vita fetale.

Il raffronto con i diversi indici demografici, quali la mortalità generale, la speranza media di vita, la mortalità infantile, ritenuti generalmente favorevoli per l’Italia, conferma che per molte regioni l’abortività rimane invece problema sociale grave, meritevole certamente di più adeguata attenzione non solo nell’ambito della medicina preventiva, ma anche della coscienza civile.

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Pubblicato
1998-12-31
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Come citare
Spaziante, E. (1998). L’aborto in Italia: aggiornamento statistico epidemiologico. Medicina E Morale, 47(6), 1141-1173. https://doi.org/10.4081/mem.1998.815