Il corpo de-formato tra cultura diagnostica e “geneticizzazione” della medicina

  • Gabriella Gambino

Abstract

Nei Paesi anglo-americani la tradizionale concezione antropologica ed ontologica della corporeità, proveniente dall’eredità classica del continente europeo, sta gradualmente subendo una profonda e radicale trasformazione, che si sta manifestando nell’approvazione sociale di pratiche bio-mediche di intervento e manipolazione della capacità riproduttiva dell’uomo e della vita prenatale, come la fecondazione artificiale, la clonazione, la diagnosi e la terapia genica. Tali pratiche, lungi dal condurre a risultati efficaci per la cura delle innumerevoli patologie che ancora affliggono l’umanità, contribuiscono piuttosto a modificare il rapporto dell’uomo moderno con la propria corporeità, con i concetti di salute, di malattia, di procreazione e genitorialità.

In particolare, tra le svariate possibilità bio-mediche che la genetica offre alle coppie che desiderano un figlio, la diagnosi genetica prenatale di malformazioni congenite nel concepito è diventata negli ultimi decenni una pratica “di routine”, che sta radicalmente modificando il rapporto della donna con la propria maternità e con il figlio desiderato. Le conseguenze di questa trasformazione non sono sempre positive: essa si colloca, infatti, nell’ambito di un contesto socio-culturale dominato dall’immagine antropologica di una corporeità biologicamente e geneticamente perfetta, funzionale e pienamente rispondente ai bisogni indotti dalla società produttivistica del nostro tempo. La letteratura scientifica anglo-americana evidenzia in maniera peculiare questo fenomeno, che in termini epistemologici e culturali incide sui concetti di “normalità”, di malattia, di qualità della vita, aprendo facilmente la strada ad una medicina “eugenetica” e selettiva nei confronti degli individui geneticamente imperfetti.

La genetica diviene così, sempre più, la lente attraverso la quale osservare l’uomo, lo strumento potente che riduce l’individuo ai suoi geni e ai suoi tratti genetici difettosi. In questo contesto, diventa allora fondamentale far riemergere la coscienza di una dimensione etica della conoscenza diagnostica, che possa guidare lo scienziato e il medico nel lungo e difficile cammino per scoprire e combattere le malattie genetiche che affliggono l’umanità, nella piena consapevolezza del valore inestimabile di ogni esistenza umana, per quanto colpita dalla sofferenza e dalla malattia.

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2001-06-30
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Come citare
Gambino, G. (2001). Il corpo de-formato tra cultura diagnostica e “geneticizzazione” della medicina. Medicina E Morale, 50(3), 477-490. https://doi.org/10.4081/mem.2001.725